Fixed wireless broadband
Si apre il primo spiraglio per il destino della tecnologia fixed wireless broadband, che porta fino a 30 Megabit in zone spesso mal servite dagli operatori principali. L’Autorità garante delle comunicazioni ha avviato la scorsa settimana la consultazione pubblica per stabilire una proroga alle frequenze 3.5 MHz in mano agli operatori, dopo aver ricevuto parere positivo dal ministero dello Sviluppo economico.
La questione è ancora aperta, ma adesso ci sono speranze che si possa arrivare a una soluzione al meglio per la sopravvivenza di questa tecnologia alternativa (che continua a svolgere un ruolo anche sociale, anti digital divide) e dei relativi operatori, che rischiavano di restare schiacciati con l’avvento del 5G. In ballo, in questa partita, c’è anche la possibilità di vedere l’arrivo di operatori nuovi entranti nel mondo del 5G mobile – Fastweb si è già candidato in prima fila – e quindi potenzialmente maggiore concorrenza e innovazione nei servizi.
Il fixed wireless broadband è una tecnologia antica in Italia, dove ha avuto un successo record tra i Paesi Ocse. Un tempo – primi anni 2000 – era rappresentata dagli operatori hiperlan, che portavano la banda larga tra monti e campagne in digital divide, sfruttando frequenze libere (5 MHz). Poi si sono aggiunti gli operatori WiMax, su frequenze 3.4-3.6 MHz, ottenute in licenza con una costosissima asta. Adesso gli operatori tendono a non usare più il WiMax, bensì una tecnologia basata su Lte, ma le frequenze sono le stesse.
Il problema si è aperto quando l’Itu, l’agenzia Onu per le tlc, ha indicato anche le frequenze 3.4-3.8 MHz nel paniere di quelle che possono andare al 5G, valutazione poi confermata da indagini conoscitive condotte dal Mise e da Agcom. “Alla luce anche delle aste 5G già avvenute o in via di definizione negli altri paesi dell’Unione, si ritiene che la prossima procedura di assegnazione possa riguardare lo spettro a 700 MHz, le frequenze a 2300-2400 MHz e una parte consistente della banda compresa tra i 3400 MHz e i 3800 MHz”, spiega Filippo Lucarelli, partner Ict Consulting.
Una brutta notizia per gli operatori fixed wireless, tra cui figurano Linkem, Eolo, Tiscali (che è entrato nel mercato dopo la fusione con Aria), più una miriade di soggetti minori che lavorano solo su base regionale, con un totale di circa un milione di utenti attivi. Per prima cosa, hanno dovuto incassare lo stop di un’attesissima asta 3.6-3.8 MHz, nuove frequenze con cui speravano di potenziare la propria banda larga.
Poi è arrivato il timore che le frequenze ex WiMax sarebbero state messe all’asta per il 5G una volta scaduta la licenza, ossia nel 2023. E in un’asta 5G, con base 2,5 miliardi (come indicato nella Legge di stabilità), il rischio è che tutte le frequenze vadano in mano ai grandi operatori. Nelle ultime settimane, contro questa eventualità che ne minaccerebbe la sopravvivenza, gli operatori del fixed wireless hanno chiesto al Governo una proroga della licenza (come quella data di recente agli operatori mobili), già con la Legge di Stabilità 2018.
Alla fine però il Mise, d’accordo con Agcom, ha ritenuto che fosse poco corretto dare una proroga di frequenze così importanti attraverso un decreto. Di qui l’apertura della consultazione Agcom, che ricorda quella fatta dall’Authority tlc Ofcom, la quale in effetti ha poi dato la proroga di quelle frequenze al fixed wireless broadband. A quel punto quelle frequenze potrebbero essere utilizzate anche per fare 5G mobile da parte di nuovi entranti come Fastweb, che ha già un accordo a riguardo con Tiscali.
Non è detto che finisca così, certo. Ci sono da soppesare diversi fattori. Da una parte, l’utilità di tutelare operatori (e posti di lavoro), una tecnologia utile e anche la possibilità di aprire il 5G mobile a nuovi entranti. Dall’altra, c’è l’indicazione Itu che servono almeno 100 MHz ad operatore per fare un buon 5G, quindi un po’ di concentrazione di risorse in poche mani potrebbe favorire la qualità finale della rete.
E bisogna evitare di danneggiare l’asta 5G, memori di quanto successo proprio nel Regno Unito. Dove un operatore beneficiato dalla proroga, Uk Broadband, è stato comprato da 3 UK, che ha potuto così ottenere una scorciatoia per mettere mani su frequenze utili al 5G senza bisogno di partecipare all’asta.
È sempre sul banco una soluzione alternativa: far scadere quella licenza e dare a quegli operatori frequenze alternative, 3.8-4.2 MHz. In seguito, magari, stabilire regole – compito di Agcom farlo – per l’asta 5G a favore dei nuovi entranti (per esempio limitando la grandezza dei lotti da mandare all’asta), come fatto dalle Authority di Germania, Regno Unito e Repubblica Cca.
Fonte: Nòva