Banda larga la sorpresa è il Sud
Il 61 per cento degli italiani è coperto da banda ultra larga (almeno fibra ottica agli armadi, a 100 Megabit), ben il 17 per cento in più rispetto al 2015. Sono i dati della rilevazione Ernst & Young (relativi a gennaio 2017).
È un balzo in avanti, ma un po’ zoppo dato che c’è una grande differenza tra le diverse regioni, con il Nord in affanno rispetto al Sud. La Puglia è la regione più coperta (80 per cento della popolazione), seguita da Calabria (73 per cento), Campania (72), Lazio (70). Peggio di tutti la Valle d’Aosta (22 per cento), ma preoccupanti anche i ritardi di Veneto (49), Trentino Alto Adige (37). Sotto la media anche il Piemonte (53). La Lombardia, nonostante la sua storia infrastrutturale e la rilevanza economica, fa solo poco meglio della media: 63 per cento di popolazione coperta. Milano comunque resta la città meglio coperta da fibra ottica completa, a 1 Gigabit al secondo nelle case.
La situazione è figlia delle contraddizioni del momento storico. Stiamo attraversando un guado. Il Sud è più avanti perché ha avuto prima i fondi europei (2007-2013); idem il Lazio. Il Nord aspetta da una parte l’esito delle gare Infratel per la realizzazione della rete banda ultra larga di proprietà statale, dall’altra che si dispieghino i piani di Tim, Fastweb ed Enel. Tutto lascia pensare che i ritardi del Nord saranno colmati presto e di conseguenza l’Italia raggiungere la media europea (adesso oltre il 70 per cento).
“Abbiamo creato un piano nazionale banda larga scommettendo sulla fibra ottica, le tecnologie innovative, per passare dal fondo classifica alla zona Champions nel 2020″, ha detto a febbraio il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli. Su questo piano gravano però alcune incognite. Sui due bandi Infratel corrispondenti (1,4 e 1,2 miliardi di euro) sono piovuti ricorsi. Enel si è classificato primo in tutti e cinque i lotti del primo bando di gara Infratel, sebbene siano attualmente in corso alcune verifiche tecniche per accertare la sostenibilità dell’offerta e procedere quindi con l’aggiudicazione della gara.
Il 20 febbraio sono scaduti i termini della presentazione delle offerte per la seconda gara. Enel compete per gli 1,2 miliardi di Euro senza i principali operatori di rete fissa, i quali hanno detto che non parteciperanno, in polemica con le condizioni del bando.
Tutto questo getta un’ombra sulle tempistiche della realizzazione e non è la sola. Il Comitato banda ultra larga Regioni-Mise, che si riunito questa settimana, ha indicato l’urgenza di accelerare le convenzioni con Comuni e Province per snellire la burocrazia a cui sono soggetti gli operatori per la posa della fibra.
L’idea è di penalizzare i Comuni che non aderiscono alle convenzioni facendoli finire in fondo al cronoprogramma dei lavori. Si vogliono evitare i problemi, di ritardi burocratici, che secondo una indagine della Corte dei Conti (pubblicata a febbraio) hanno minato anche il precedente piano banda ultra larga (al Sud). Convenzioni simili sono già state stipulate, di recente, con Anas e – a breve – con Ferrovie, ma appunto l’anello debole della catena rischiano di essere i Comuni e soprattutto le Province.
Meno variabili in gioco ci sono per i piani degli operatori e qui ci sono buone notizie: «tutti i piani di investimento sono stati appena rivisti in rialzo, sulla banda ultra larga», dice Fabrizio Pascale, Technology, Media & Telecommunication Leader di EY in Italia.
Tim ha superato gli obiettivi al 2016 e prevede di accelerare lo sviluppo delle reti per raggiungere al 2019 oltre il 99 per cento della popolazione con la rete LTE e il 95 per cento con la fibra ottica (in 50 città con connessione fino a 1 Gigabit), investendo complessivamente 5 miliardi di Euro. Anche Fastweb ha raggiunto gli obiettivi di copertura al 2016 e ha confermato il proprio piano di sviluppo della rete fissa, per coprire entro il 2020 il 50 per cento della popolazione in oltre 500 città.
Il piano strategico di Enel è stato pertanto aggiornato e prevede di dotare di banda ultra larga 270 città italiane entro il 2022, con un investimento di 3,9 miliardi di euro. Tutto sommato, nonostante le incognite il quadro sembra promettente. Almeno per la copertura. «Siamo entrati nel vivo dell’attuazione dei piani. Il prossimo punto a cui bisogna fare attenzione ora è la creazione della domanda», dice Pascale.
Ed è un punto dolente, dato che in Italia non ci sono politiche mirate per questa missione. Anche se gli operatori contano di sollecitare la domanda delle famiglie con le piattaforme di internet tv, su cui stanno accelerando gli investimenti (Tim ha potenziato Timvision, Vodafone sta per lanciare Vodafone Tv, Fastweb si appresta a fare una mossa analoga adattando all’Italia il decoder usato in Svizzera dalla sua controllante Swisscom).