Computer Biologico
Nella corsa alle alternative al silicio per realizzare le CPU e i chip elettronici si inserisce un nuovo protagonista che potrebbe rivoluzionare l’intero settore. Dan Nicolau, ricercatore dell’università statunitense McGill, ha realizzato un prototipo di computer biologico capace di sfruttare il movimento delle proteine anziché gli elettroni per trasportare le informazioni ed effettuare i calcoli delle operazioni booleane che sono alla base del funzionamento dei processori.
Il prototipo realizzato nei laboratori di ricerca della facoltà di bioingegneria, una scheda di materiale plastico grande appena 1,5 centimetri, ha stupito molti degli esperti del settore. La capacità di calcolo del processore biologico, infatti, è equiparabile a quella di molti supercomputer utilizzati oggi nella ricerca scientifica e per processare grandi moli di dati.
Alla base del funzionamento del super computer biologico realizzato nei laboratori della McGill University troviamo l’ATP (acronimo di adenosina trifosfato), molecola zuccherina che funge da fonte energetica per le cellule di tutti gli organismi viventi. Nel caso del computer biologico, invece, l’adenosina è necessaria per muovere le proteine all’interno dei circuiti del processore. La scheda del supercomputer sperimentale è infatti composta da una miriade di piccoli canali e cunicoli che sostituiscono i transistor tipici dei chip in silicio.
E sono proprio i piccoli canali che solcano per intero la superficie a rendere unico nel suo genere il supe rcomputer sviluppato da Dan Nicolau. Al loro interno, come accennato, si muovono le catene di proteine alimentate dall’adenosina trifosfato che permettono al computer di elaborare grandi quantità di dati. Stando ai primi test in laboratorio, il computer biologico dovrebbe garantire un risparmio energetico non indifferente.
Rispetto ai circuiti elettrici dei transistor tradizionali, infatti, quelli biologici traggono dalle reazioni chimiche l’energia di cui hanno bisogno per funzionare. Questo consente di abbattere a livelli minimi la produzione di calore dovuta al funzionamento del chip (molto elevata, invece, nei dispositivi elettronici a causa dell’effetto Joule) tanto da rendere superflui i sistemi di raffreddamento utilizzati di norma dai processori tradizionali (particolarmente esosi dal punto di vista dei consumi energetici)
Il bio computer realizzato dal ricercatore statunitense è uno dei primi modelli di calcolatore informatico capace di rispondere ai principi di un settore scientifico piuttosto recente: la bioinformatica o natural computing. Questa disciplina, in forte crescita, studia le cosiddette macchine viventi, ovvero delle macchine informatiche che funzionano sfruttando i principi della biologia.
Fonte: Fastweb